Saturday, 7 February 2009

Parlo di ciò che ho visto

Durante le riunioni precedenti alla partenza, in cui ci veniva presentato il progetto Europrof nei suoi aspetti più particolari, ci chiedevano quali fossero le nostre aspettative e paure.
Non mi ricordo cosa scrissi nelle paure, credo che la mia ignoranza geografica mi abbia portato ad esprimere semplicemente la preoccupazione di non finire in un paesello sperduto e alquanto lontano dai centri abitati. Ma le aspettattive erano tante e per una volta non sono state deluse, anzi. Non come sempre mi capita nella vita quotidiana.
Cercavo qualcosa da questo viaggio e credo di averlo trovato nell'umiltà della gente di Vilnius. Tutto mi sarei aspettata tranne che accoglienze calorosissime e gentilezza disinteressata. "Siamo pur sempre nell'Est Europa", mi ripetevo, non cosciente del fatto che una delle tante missioni di questo progetto era anche quella di andare in/contro ai pregiudizi verso le culture e le società.
Dopo due giorni scopro che i Lituani, proprio per la loro fama di essere ospitali, si considerano Gli Italiani del Baltico e mi ritrovo a ridere perchè-purtroppo- tale paragone si basa su una certa idea di Italia che adesso non c'è più.
Abituati per ovvie ragioni storiche a non ricevere molti "ospiti" per tanto tempo, nel momento in cui hanno cominciato a vedersi attorno persone provenienti da altre nazioni, i lituani piano piano si sono aperti.
E' quel "piano piano", infatti, che mi ha affascinato molto. Quella consapevolezza dei limiti attuali che uno stato indipendente dal 1989 può avere di sè, affiancata a un grande senso di speranza e di spirito di sacrificio guidati dalla voglia di vivere un futuro migliore.
Lo sanno che se vogliono stare al passo con l'Unione Europea devono saldare i conti economici, produrre, acquisire stabilità. Lo sanno che se vogliono dialogare con gli altri paesi si devono scrollare di dosso i pezzi di ghiaccio di stampo sovietico. Sanno che devono chinare la testa- un'altra volta- e lavorare. Pare che lo sappiano ma ne hanno timore o forse scarsa fiducia, e scappano. E' probabilmente nel brain drain che ci somigliamo. Chissà.
Esperienza bellissima, che è finita quando stava per decollare tutto. Finalmente stavo cominciando a capire ogni singola parola pronunicata dalle inglesi (del Nord) mie vicine di stanza. Avevo anche cominciato a girarmi la città da sola, perdendomi a volte volontariamente. I menù dei bar e nei ristoranti cominciavano a essere leggermente riconoscibili e avevo anche conosciuto un russo al supermercato, mannaggia!

(Listening to: Gatto Ciliegia vs Grande Freddo feat. Robertina - Un anno d'amore)

1 comment:

Anonymous said...

Chi ha detto che non siamo + ospitali? Ma se a casa mia ci sono + letti... che qualunque altra cosa!
Restare al passo... è quello che qua ci siamo dimenticati! Come dice Paolini quando si smette di aprire le fabbriche e si aprono i solarium...